Arienzo

L’etimo del toponimo è incerto. Scartata l’ipotesi che derivi da Ara Cynthiae o Ara Gentium, gli studiosi suppongono che possa trattarsi di un nome di origine etrusca o longobarda.Secondo Nicola Lettieri (duramente criticato dallo studioso tedesco Julius Belock), le origini di Arienzo sono legate alla dispersione in varie direzioni degli abitanti della città di Suessola, distrutta dai Saraceni nell’880. In realtà, non esiste alcun documento storico che sorregga questa ipotesi né altri che forniscano notizie sulle origini di Arienzo..

Arienzo come luoghi notevoli

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Arcipretura di S. Andrea (1151)

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Ex Convento Agostiano oggi Muncipio

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Ennte Morale S. Filppo Neri (1775)

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Convento dei Padri Capuccini

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Resti di Villa omana in Frazione Costa

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Chiesa del Carmine (XV sec.)

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Chiesa dell'Addolorata Località Capodiconca

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Chiesa S. Alfonso frazione Crisci

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Cisternone (sec. XIX)

 

Arienzo

sorge sulle rovine di Suessola, antica città degli Osci, ed una delle dodecapoli degli Etruschi- Campani, di cui Capua era la capitale. Nell’anno ‘880 questa città scomparve a causa di un incendio appiccato dai Saraceni nell’ostinata guerra contro i Principi Longobardi. I Suessolani, per sottrarsi alle persecuzioni continue dei Saraceni, si rifugiarono sui monti in località S’Angelo a Palombara e sul Monte Argentario (oggi Castello), trovando in questo luogo una fortezza longobarda conosciuta col nome di Arienzo (Argentium), ove si fermarono ad abitare, e così cambiando località cambiarono anche nome e da Suessolani cominciarono a chiamarsi Arienzani. Abitarono in detta località fino al 1135, cioè fino a quando Ruggiero il Normanno, dopo la guerra sostenuta contro Rainulfo, diede ordine al duca Marliano di demolirla.
“Abitarono gli antichi Arienzani sul Castello, sino all’anno 1135, cioè sino a che Ruggiero il Normanno, dopo l’aspra e sanguinosa guerra sostenuta contro Rainulfo suo competitore, ordinò che l’alto forte di Arienzo fosse demolito…” “…e nell’anno 1135 dovendo partir per Sicilia per presto ritornare, dubitando, che nella sua assenza si fossero i suoi nemici impadroniti delle Fortezze, fece smantellare tutte quelle , ch’ei non potea difendere: e passando per Arienzo, dopo che ne avea altre fatte demolire, anche il Castello di Arienzo, fece diroccare…”

La STORIA dell’attuale Comune di Arienzo affonda le sue radici nel XII secolo, avendo Arienzo, in quel tempo rilevato la grande eredità della distrutta città di Suessola, di cui era stata sempre, soprattutto per motivi logistici, preziosa periferia. Gli abitanti di Suessola per difendersi dalle irruzioni e rapine continue dei Saraceni, si rifugiarono sul Monte Argentario (oggi Castello), dove, fin dal VII secolo, era stato costruito il Castrum Vetus,un castello longobardo,poi abbattuto da Ruggero II nel 1135;…
“E così nell’anno 1135 dal Re Ruggeri distrutto, finì il Castello dell’Antico Arienzo dei Suessolani dopo l’incendio della lor patria sopra il lor Colle edificato dopo l’anno 80 di Cristo…”

…sul Monte S. Angelo a Palombara, sul quale dal secolo IX era stato mutato in luogo consacrato a S. Michele Arcangelo, il vecchio avamposto sannita/romano; nelle cinque corti longobarde denominate: Corte Vetere,Corte Maggiore,Corticella, Corte di Rosciano,Corte del Vescovo. Successivamente gli abitanti, a valle, si costruirono una terra fortificata, chiamata “Terra Murata”, dove abitarono fino alla fine del ‘500. Questa terra costituisce una delle zone più antiche del territorio di Arienzo che fino al Settecento inoltrato comprendeva anche gli attuali centri di S. Felice a Cancello, di S. Maria a Vico e parte dell’attuale Comune di Cervino. Essa era cinta da mura di forma rettangolare, con due vie parallele intersecate da sei vicoli. La Terra di Arienzo fu governata da diversi feudatari: i Mosca, gli Stendardo, i Montaldo ed i Carafa. Nel ‘400, la Terra Murata si ingrandì e molte nobili famiglie vi costruirono le loro ricche “case palazziate”. Da queste famiglie nacquero uomini illustri, come Lelio Carfora, grande filologo; Nicola Valletta che fu professore di diritto romano, di diritto del Regno di Napoli e di diritto canonico nell’Università di Napoli; vescovi ed arcivescovi, come il Puoti e il Rossetti, che governarono le diocesi di Amalfi, di Marsico Nuovo, di Boiano e di Rossano Calabro; diplomatici e magistrati, come Pietro Contegna, i cui grandissimi meriti come presidente della Camera della Sommaria e l’apporto dato al progresso dell’economia del Regno di Napoli sotto Carlo di Borbone sono stati magistralmente illustrati da Raffaele Ajello; letterati, come il purista Basilio Puoti, maestro di Francesco De Sanctis e di Luigi Settembrini. Di questa civiltà restano tuttora diversi monumenti…
L’ istituzione antichissima (secolo XIII) di A. G. P. (Ave Gratia Plena) o Annunziata, dalla quale promanarono opere di elevato valore sociale, di cui qualcuna ancora è in vita, anche se sotto forma diversa, adeguata ai tempi. Così:l’Ospedale di S. .Maria della Pietà o della Misericordia; il Monte dei Pegni; la Ruota degli esposti; il Monte dei Maritaggi; il Monte dei Morti. A queste opere, nate esclusivamente dalla carità e dall’ interesse concreto di tutti i cittadini, va ad aggiungersi il Monte Frumentario voluto dal canonico don Giuseppe Romano, che intese salvaguardare concretamente i numerosi contadini della Terra dall’usura degli onnipresenti strozzini.

Fondata prima del 1552, l’ Ave Gratia Plena di Arienzo era in origine una cappella dedicata al SS. Sacramento e all’Annunziata e, solo nel 1603, fu ampliata nell’attuale struttura. La facciata è riccamente ornata di stucchi di gusto rococò e sul portale d’ingresso spicca il rilievo dell' Annunciazione. L’'interno è ad una sola navata, ai cui lati si aprono dodici cappelle che accolgono altrettanti altari della prima metà del Settecento. In fondo il presbiterio è delimitato da una balaustra e sormontato da un’ alta cupola seicentesca decorata con le statue delle Virtù in rilievo che si alternano ad otto grandi finestroni; nella parte superiore della stessa coppie di angeli in bassorilievo sono disposte tra le nervature. L’altare maggiore è decorato con raffinatissime tarsie policrome che riproducono motivi floreali. Di grande ricchezza erano anche le due cappelle gentilizie del presbiterio di sposte ai lati dell' altare maggiore: quella del Crocifisso e quella di S. Caterina d’ Alessandria. La parte alta delle pareti laterali è arricchita da medaglioni in stucco. La decorazione del soffitto è esuberante . La copertura, piana e in legno, è occupata nella parte centrale da quattro dipinti raffiguranti scene sacre, realizzate ad inizio ‘700. Imponente è l’organo di gusto barocco. Prima che fosse danneggiata dal terremoto del 1980,la Chiesa conservava pregevoli opere d'arte. Ora purtroppo è chiusa al culto e giace in uno stato di completo abbandono tanto che è stata defraudata di alcuni dipinti, del paliotto dell’altare maggiore e delle teste di cherubini ai capialtare degli altari laterali.

Il Palazzo Vescovile, costruito nella sua struttura originaria nel ‘500, e nel quale avrebbero potuto trovare stabile e definitiva dimora i vescovi di S. Agata dei Goti per disposizione pontificia, attesi i continui attriti che si verificarono, specie all’inizio del ‘600, tra il duca di S. Agata dei Goti e, dall’800, anche quelli di Acerra, perché trovarono assai buono il clima di Arienzo, a differenza di quello umido e malsano di S. Agata e Acerra. Col passare degli anni e col mutare dei tempi, il palazzo venne adibito nel 1947 al ricovero di fanciulli orfani, poveri e abbandonati in seguito al secondo conflitto mondiale. Nacque così l’ Istituto Casa del Fanciullo “S. ALFONSO” che ancora oggi ospita bambini e giovanetti. In esso restano tutt’ora intatti ed agibili la Cappella, l’Appartamento e gli annessi nei quali alloggiò , per circa nove anni, il grande Dottore della Chiesa S. Alfonso Maria dè Liguori.

Attaccato al Palazzo Vescovile c’è la basilica o duomo o cattedrale di S. Andrea Apostolo, patrono principale di tutta la Terra di Arienzo. In essa hanno sempre officiato i vescovi che vi accedono per mezzo di una grande scala, fatta costruire, secondo la tradizione, da S. Alfonso nel ‘700. Questa Chiesa ha davanti una grande piazza. Nel Catasto è ancora denominata : piazza di S.Andrea o del Duomo. Nel 1727, la Chiesa arcipretale di S. Andrea fu elevata da papa Innocenzo XI alla dignità di Collegiata con 22 canonici e 8 mansionari. Arcipretura o chiesa ricettizia curata, essa è parrocchia dal 1151. Rimaneggiata più volte, presenta una pianta a croce latina a tre navate, con ampia cupola e una facciata a tre portali. Al suo interno vi si conservano numerose sculture lignee di ottimo pregio, più volte esposte dalla Sopraintendenza ai BB. AA. AA. SS. Di Napoli e di Caserta. Riproducono: S. Andrea (‘500), patrono; S. Pietro, S. Paolo, la Madonna della Sanità, S. Biagio (tutte del ‘600); un grande Cristo Morente in croce (‘700); due Angeli dorati (‘500); altri due Angeli, pure dorati (‘700). Particolarmente interessanti sono il pulpito intarsiato del Seicento e il coro ligneo del 1730. In S. Andrea sono venerati il corpo completo di S. Clemente Martire, traslato dal cimitero di San Callisto in Roma in Arienzo il 12 dicembre 1797, e le Reliquie insigni di S. Costanza Martire, donate al cavaliere Gaetano Colletta in riconoscimento dei servizi resi a Gregorio XVI.